Nuvole
24 luglio 2016 0:05di Marco Belpoliti.
Akira Kumo è un uomo anziano. Giapponese, stilista, vive nella capitale francese in un’abitazione stracolma di libri. Un giorno assume una giovane ragazza per fargli da bibliotecaria: deve catalogargli i libri. Sono tutti dedicati a un unico argomento, le nuvole. Kumo è sopravvissuto all’esplosione nucleare di Hiroshima, alla nuvola radioattiva. Pian piano confida alla giovane, Virginia Latour, i segreti della meteorologia e della scienza delle nuvole. Così la trama di La teoria delle nuvole (Fazi Editore), opera di Stéphane Audeguy, scrittore francese e docente di cinematografia. Tra i personaggi del romanzo c’è anche Luke Howard, l’uomo che per primo ha dato un nome alle nuvole, giovane metereologo dilettante inglese, “il solo che avesse capito che la nube non è un oggetto, non è uno stato, ma una transizione costante, e come tale andava descritta”, scrive Daniele Del Giudice in Staccando l’ombra da terra (Einaudi), una raccolta di racconti dedicata alla passione del volo. Un giorno del dicembre 1802 Howard si presentò davanti al pubblico per tenere una conferenza in cui battezzò le nuvole che da sempre gli uomini avevano visto in cielo: cirrus, cumulus, cirro-stratus o cumulonimbus. I cirri sono le nuvole più alte, a forma di scie bianche e delicate; i cumuli sono nuvole basse e rigonfie, ben distinte le une dalle altre, si sviluppano in verticale e assumono la forma di piccole colline, cupole o torri; i cumulonembi sono le nuvole temporalesche, caratterizzate da altezza elevata. A dare un nome e una definizione ci aveva già provato Jean-Baptiste Lamarcke, il rivale di Darwin, ma senza successo. La proposta di Howard invece funzionò e diventò la base della nefologia, la scienza delle nuvole, che trovò i suoi legislatori e promotori nel professor H. Hildebrand Hildebrandsson, svedese, e l’on. Ralph Abercromby, della Società Metereologica Reale inglese. Nel 1887 essi stilarono un elenco provvisorio di tipi di nube in grado di soddisfare le esigenze pratiche della meteorologia. La storia di questa formidabile scoperta è raccontata da Richard Hambly in L’invenzione delle nuvole (Rizzoli), e in un altro libro da Tonino Ceravolo, Storia delle nuvole (Rubettino).
Cosa sono esattamente le nuvole? Per un meteorologo una nube è un insieme di minuscole particelle d’acqua o di ghiaccio, così numerose da diventare visibili. La loro dimensione va da pochi micron a 100; più è grande la dimensione delle goccioline, più rapidamente cade, e tanto maggior spazio percorrerà prima di evaporare. I meteorologi chiamano “punto di rugiada” quello in cui ha inizio il processo di raffreddamento, con cui si crea la condensazione, momento che necessita di un’umidità relativa del 100%. Ci sono molti modi attraverso cui si raffredda l’aria e quindi come si formano le nubi. Ad esempio, nelle notti serene grandi quantità di calore vengono irradiate verso l’esterno negli strati bassi dell’atmosfera, spiega Louis J. Battan nel suo studio di “meteorologia applicata”, e così si genera la nebbia, ma è soprattutto con il moto ascensionale di masse d’aria che si formano le nubi. La spiegazione dettagliata di tutto questo, insieme a una serie incredibile di aneddoti e notizie, si legge in Cloudspotting. Una guida per i contemplatori di nuvole (Guanda) di Gavin Pretor-Pinney, straordinario volume, che spiega la generazione, la storia e i fenomeni più strani legati alle nuvole.
Pretor-Pinney, creativo inglese, a un certo punto della sua vita si è dedicato a questa attività. Nel 2004 ha fondato “The Coud Appreciation Society”, associazione per l’apprezzamento delle nuvole, ben presto presa d’assalto da persone che volevano conoscere i segreti delle nubi e partecipare alla loro attività d’avvistamento (www.cloudappreciationsocity.org). I membri sono invitati a inviare fotografie del cielo, e Pretor-Pinney le pubblica in modo che tutti abbiano la possibilità di ammirarle, dal momento che la loro forma, come si accorgono prima o poi tutti, è pressoché infinita. Nei cumuli si può vedere di tutto, come sa chi ha trascorso qualche ora, se non proprio un intero pomeriggio, sdraiato su un prato a guardare le nuvole che corrono veloci in una bella giornata estiva. Nel 1887 il meteorologo Abercromby compì il giro del mondo per assicurarsi che le nuvole avessero la stessa forma ovunque e, quattro anni dopo, il sistema di Howard s’impose con la Conferenza internazionale di Monaco. Nel 1820 J. W. Goethe aveva pubblicato sotto forma di diario una serie di osservazioni fondate sulla classificazione di Howard, corredate da disegni originali, La forma delle nuvole (Archinto), in cui si possono trovare bellissime descrizioni, oltre che considerazioni su ciò che sfugge continuamente. Noi proiettiamo le nostre immaginazioni sulle nuvole, quasi un’ esteriorizzazione della nostra psiche, la mappa di un territorio fantastico.
Nel 1974 Luigi Ghirri, uno dei grandi fotografi italiani del Novecento, decise di fotografare ogni giorno il cielo. Una foto per ogni giorno dell’anno: 365 immagini. Un atlante cromatico del cielo, intitolato ∞Infinito (Meltemi). Vi compare ogni tipo di nuvola, ma anche l’azzurro del cielo, il grigio, il bianco; e poi un minuscolo aeroplano, la luna coperta di nuvole, nubi gialle e rosse, bicolore o monocrome, con sfumature cangianti, e altro ancora. Piccola enciclopedia portatile. Seguendo una tradizione che rimonta a Delacoix, Constable, Boudin e altri pittori, di cui parla il regista Peter Greenway nel suo libro Volare via dal mondo (Abscondita), il fotografo emiliano voleva sottolineare, come scrive, l’impossibilità di tradurre i segni naturali: “neppure il linguaggio fotografico, iterazione, ripetizione progettata, sequenza temporale, è sufficiente a fissare l’immagine di un aspetto naturale”. L’infinito inafferrabile è qui mostrato attraverso impossibili ritratti di nuvole. Davvero l’unico modo per conoscerle, oltre a frequentare un serio corso di meteorologia, o compulsare, sotto i nostri cieli, libri come Nuvole mediterranee (Manfrini editore) di Henry M. Papee e Gianna L. Perticoni, con tanto di catalogazioni, rimane quella di guardarle, approfittando di questa estate sin qui piovosa, e molto mossa nel suo andamento meteorologico, ma ricca d’incredibili nubi.
Pubblicato su Doppiozero, il 24 Luglio 2016.
In copertina: Kaisa & Timo Berry, 1100 floating umbrellas, 2015, installation
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