Polvere

4 settembre 2016 1:44 di jazzi

di Marco Belpoliti.

Nei mesi estivi, quando piove poco, la polvere sembra moltiplicarsi sulle strade non asfaltate, e lungo i sentieri. C’è polvere in spiaggia, sollevata dal vento. Eppure non ci dà così fastidio come in città, dove un minimo strato di polvere in casa la rende subito sporca. Siamo abituati a considerare per tutto l’anno la polvere come un rumore di fondo, del quale occorre liberarsi al più presto, così scrive nelle prime pagine del suo saggio, L’eminenza grigia. Autobiografia della polvere (Quodlibet), Fabio Crocetti.

Katharina-Grosse-Rockaway-New-York-MoMa-PS1

Katharina Grosse, Rockaway!, 2016.

In effetti, la polvere, invisibile presenza, ci circonda. È ovunque. Per secoli, forse millenni, è stata la prima e più comune unità di misura del piccolo. Joseph A. Amato, che ha studiato la polvere, ci spiega in un Polvere. Una storia del piccolo e dell’invisibile (Garzanti), che si tratta del risultato della divisibilità della materia. Ogni cosa, anche la più dura, si erode e si polverizza. Non solo la pelle si squama, o i pollini galleggiano nell’aria, ma fluttuano anche frammenti di capelli, pellicce di animali, batteri, muffe e altre migliaia di materiali. Persino le sostanze più dure, come i tasti in avorio del pianoforte, o le monete metalliche, si usurano, e particella dopo particella alimentano l’invisibile nube polverosa dentro cui ci muoviamo ogni giorno, la quale si rivela di colpo ai nostri occhi grazie a un raggio di sole. Una grande sorpresa, di cui i bambini ci chiedono ragione: Ma cos’è?, domandano indicando i sottili elementi fluttuanti nell’aria. Il regno della polvere è vasto, senza limiti e confini. La polvere è dappertutto dato che è il prodotto di tutte le cose. La sua origine più remota è probabilmente nel Big Bang, nei grandi eventi stellari da cui ha avuto origine il nostro universo.

Anish Kapoor, As If to Celebrate, I discovered a Mountain Blooming with Red Flowers, 1981, pigments, wood, plaster

Anish Kapoor, As If to Celebrate, I discovered a Mountain Blooming with Red Flowers, 1981, pigments, wood, plaster

Gli astronomi parlano della Via Lattea come di una grande scia di sporcizia cosmica larga 62.200 anni luce e lunga 6,165 x 10 elevato alla 17esima, ovviamente si tratta di chilometri. È il vento a muovere la polvere, a seminarla sulla superficie terrestre. La polvere, di suo, sembra non esistere, non avere massa o volume, leggerissima, inarrestabile, è presente dentro il vapore delle nubi e nell’atmosfera. Al confine tra il visibile e l’invisibile, è l’ancella del cosmo e dell’atmosfera terrestre. Non può aspirare alla gloria della luce, scrive Amato, o alla solidità della terra, e neppure alla vitalità dell’acqua, “nonostante circondi galassie e pianeti, e si nasconda nelle stanze da letto di re e regine”. È la polvere che colora di blu il cielo, grazie al suo potere di rifrazione e consente alla luce di diffondersi nella nostra atmosfera.

Francis Alÿs (in collaboration with Julien Devaux), Tornado Milpa Alta, 2000-10, Video documentation of an action and related ephemera 55 minutes Courtesy of Francis Alÿs and David Zwirner, New York Image: Video Still © Francis Alÿs

Francis Alÿs (in collaboration with Julien Devaux), Tornado Milpa Alta, 2000-10, Video documentation of an action and related ephemera 55 minutes Courtesy of Francis Alÿs and David Zwirner, New York Image: Video Still © Francis Alÿs

La polvere cade e si ferma sulla superficie delle cose, aggiunge Coccetti, e attesta in questo modo la sua esteriorità, l’incapacità a trasformarsi in una “cosa”. Segna con il suo passaggio tutto, pur essendo niente. Con lo sviluppo della civiltà umana la presenza della polvere è aumentata. Produciamo polvere in molti modi: scavando, segando, trapanando, frantumando, limando, rompendo, molando, lucidando, macinando. La rivoluzione industriale, con il suo susseguirsi di attività meccaniche, ha fornito un enorme contributo alla sua produzione, prima di tutto smuovendo quantità sempre più grandi di terra, poi bruciando carbone, scaldando materiali e generando un numero sempre crescente di scorie. Alla fine dell’Ottocento nuvole grigiastre sostavano sui cieli delle città industriali in Inghilterra e in America. Alla polvere delle industrie, il fumo di Londra, sono poi succedute le polveri dei gas di scarico delle auto, che colorano di rosso e giallo le atmosfere sopra Los Angeles e Milano.

Anish Kapoor, Mother as Mountain, 1985, wood,gesso, pigmets, 140x275x105 cm

Anish Kapoor, Mother as Mountain, 1985, wood,gesso, pigmets, 140x275x105 cm

Persino i grandi eventi traumatici della storia del XX secolo sono legati a polveri inquietanti, volatilizzate nel cielo: i bombardamenti di Londra, i fumi di Auschwitz, le emissioni di Chernobyl. La polvere tuttavia non è solo un elemento negativo. Ha anche una funzione vitale: alimenta i terreni, li rende, in molti casi, fertili, serve per fare mattoni, ceramiche, vetro, fornisce il gesso per scrivere, l’argilla per i cosmetici, il talco, protegge le piante contro il freddo e gli insetti, serve da filtro nei liquidi, per rendere, ad esempio, potabile l’acqua. Con l’avvento della società industriale nascono contemporaneamente gli strumenti per difendersi dalla polvere, e inizia una vera e propria caccia allo sporco. Nel 1902 un portinaio dell’Ohio, tormentato dall’asma, si mette in testa di creare il primo aspirapolvere elettrico e incarica il marito della cugina, tal William H. Hoover, versato nella meccanica, di metterne a punto il prototipo.

Inka & Niklas, Becoming Wilderness VI, 2013, pigment print, 68 x 113

Inka & Niklas, Becoming Wilderness VI, 2013, pigment print, 68 x 113

Oggi c’è persino un piccolo robot rotondo che, programmato, pulisce la casa durante la nostra assenza. Dove va a finire la polvere che eliminiamo nei sacchi dei nostri aspiratori? Dove finiscono le macerie, gli scarti industriali, tutte le polveri che si accumulano nei luoghi della produzione, e ora anche del consumo individuale? Nelle discariche, nei grandi immondezzai, da cui, grazie agli agenti atmosferici, nonostante tutte le cautele, riprendono il loro viaggio per il Pianeta. Mentre l’Ottocento è stato il mondo del macro, delle grandi imprese, il Novecento ha coltivato, almeno nella seconda metà, il mondo in piccolo; si è esteso verso l’invisibile, superando soglie inavvicinabili in precedenza, fino ad arrivare sotto il diametro del nucleo atomico. Obbedendo a un invito del geniale fisico Richard Feynman, C’è molto spazio alla base, titolo di una sua celebre conferenza del 1959, la scienza contemporanea ha sviluppato le nanotecnologie, superando la soglia della polvere e scendendo nel mondo subatomico. Tuttavia le polveri sono tornate protagoniste negative del nostro mondo creando una visione ambivalente dei corpi minuscoli.

Man Ray con Marcel Duchamp, Élevage de poussière, 1920, Courtesy Galerie Françoise Paviot, ADAGP, Paris 2015

Man Ray con Marcel Duchamp, Élevage de poussière, 1920, Courtesy Galerie Françoise Paviot, ADAGP, Paris 2015

Da un lato, ci sono le emissioni polverose delle città, i gas inquinanti, gas velenosi, come a Seveso, a Bhopal, sfuggiti dalle fabbriche chimiche; dall’altro, c’è un movimento ecologista estremo che chiede il ritorno all’antico, al regno della polvere e del fango, ai sistemi di vita più primitivi. Negli ultimi decenni, il piccolo si è rivoltato contro l’uomo. A New York l’11 settembre 2001 la nuvola che polverizzava il doppio simbolo della città, le Torri gemelle, recava con sé l’amianto e mille altre sostanze nocive, che si sono sparse nell’atmosfera, sono state inalate dai cittadini in fuga davanti all’attacco suicida. L’invisibile non è meno inquietante del visibile, e noi tutti chiediamo alla scienza di proteggerci da elementi che il nostro occhio non può certo osservare e controllare. Ostaggi della polvere, aspettiamo di unirci a lei.

In copertina: Lawrence Weiner, DUST & WATER PUT SOMEWHERE / BETWEEN THE SKY AND THE EARTH # 662/1990 Ausstellung Sept.Okt.2000

Pubblicato su Doppiozero il 4 Settembre 2016.

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