«Con l’arte salvo la Sicilia»

14 maggio 2017 12:06 di jazzi

di Sara Banti.

A Taormina è ai nastri di partenza il nuovo progetto di Antonio Presti, il guru-mecenate che da quarant’anni riscatta territori abbandonati e quartieri disagiati. Con operazioni complesse a base di cultura

Qualcuno in Sicilia lo considera un personaggio bizzarro e ingombrante, in una parola, scomodo. Ma per tanti altri in tutto il mondo Antonio Presti è una figura quasi leggendaria. Dopo aver restituito arte e bellezza ai territori infestati dalla mafia a Castel di Tusa, vicino a Cefalù, adesso all’alba dei sessant’anni ha deciso di recuperare dal degrado un borgo per vacanze sul mare di Taormina – costruito nel dopoguerra per i dipendenti della Regione Sicilia e in abbandono dal 1972 – che nel prossimo futuro, grazie alle sue cure, potrebbe diventare la versione contemporanea del Parco dei Mostri di Bomarzo (il famoso giardino cinquecentesco vicino a Viterbo).

«Ho vissuto in provincia, solo contro tutti e borderline rispetto al circuito dell’arte», racconta lui, che da quarant’anni produce e distribuisce operazioni di rigenerazione del territorio siciliano con la sua fondazione Fiumara d’Arte.

«Le mie opere nascono guardando, camminando. Procedono dal particolare all’universale, mai viceversa. E la loro fruizione è libera e liberata, senza biglietto».

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Antonio Presti e Paolo Schiavocampo, “Una curva alle spalle del tempo”. (Courtesy Fondazione Antonio Presti / Fiumara d’Arte)

Così sarà anche per I giardini dell’Anima Mundi, il nuovo progetto per Taormina in cui Presti intende coinvolgere giovani architetti, artisti e paesaggisti – selezionati anche in base a un concorso internazionale – nel recupero di un promontorio scosceso a picco sul mare dove i ruderi di una ventina di piccoli cottage sono stati man mano ricoperti dalla macchia mediterranea. «Qui la natura si è riappropriata del luogo. Penso che sia lo scenario ideale per una Biennale del Paesaggio», confida. «Immagino di innestare su ciò che resta del villaggio dei nuovi volumi scultorei di legno e bambù; opera di creatori visionari ma anche attenti all’ambiente, alla raccolta delle acque piovane, all’uso di materiali naturali».

D’estate il complesso potrebbe sostenersi attraverso un turismo internazionale interessato a vivere un’esperienza artistica. D’inverno invece Presti pensa a contaminazioni tra progettisti del verde italiani e stranieri, oltre a corsi e seminari aperti a tutti, tenuti da filosofi e pensatori. La didattica del resto è uno dei suoi cavalli di battaglia fin da quando, più di quindici anni fa, organizzava il Treno dei Poeti, convogli in partenza da Catania verso altre località della Sicilia con a bordo una cinquantina di grandi letterati italiani – da Orengo a Loi, dalla Spaziani a Sanguineti – che declamavano versi e discettavano di poesia con viaggiatori e scolaresche. O quando, nel 2009, inaugurava la Porta della Bellezza nel quartiere catanese disagiato di Librino, 500 metri di viadotto grigio-cemento trasformato in un ingresso monumentale (“Assiro-babilonese” lo definisce lui) composto da migliaia di formelle di terracotta plasmate da bambini e mamme sotto la guida di un gruppo di artisti. E ancora il Museo della Fotografia, un laboratorio in corso in questi mesi sempre a Librino, che fa degli abitanti i protagonisti di un museo diffuso sui muri e nelle strade del quartiere. Perché, commenta, «dobbiamo dimostrare che non c’è bisogno di contenitori, ma di contenuto: quanta politica culturale si poteva fare, quante scuole si potevano coinvolgere in progetti interessanti, al posto di tutti i nuovi musei che abbiamo costruito?».

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Pietro Consagra, “La materia poteva non esserci”. (Courtesy Fondazione Antonio Presti / Fiumara d’Arte)

Ricreare un’identità, restituire coscienza di sé e dignità ai cittadini in contesti in cui la trasandatezza cronica è diventata lo sfondo perfetto per un’economia malavitosa è lo scopo delle complesse “azioni artistiche” messe in campo da Presti, di cui lui è sempre il regista o direttore d’orchestra. «Invece di pagare la mafia dono bellezza». Riassume così questo guru gentile e ascetico in pile e sneakers, che per sfuggire a ricatti e logiche di scambio dice di aver sempre rifiutato anche il denaro pubblico. I suoi progetti li finanzia col patrimonio personale e raccogliendo fondi da privati. Vive in affitto in un modesto appartamento-studio. E con una vecchia Audi scassata fa l’eterno pendolare tra Catania, dove abita, e Castel di Tusa, dove si trova la sua opera principale e più nota – oltre che sua unica attuale proprietà – l’Atelier sul mare, un albergo in cui ogni stanza è un’esperienza magica, un viaggio nell’universo di forme e colori di grandi artisti come Piero Dorazio, Mario Ceroli, Luigi Mainolfi, Maria Lai, Fabrizio Plessi e altri amici che nel tempo hanno lasciato qui le loro tracce. L’Atelier è anche il punto di partenza della Fiumara d’Arte, l’itinerario lungo 70 chilometri che ha dato nome alla fondazione, costruito da Presti passo dopo passo in tanti anni. «Una decina di grandi sculture nella natura che si parlano, una rimanda all’altra creando armonia.

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Tano Festa, “Monumento per un poeta morto – Finestra sul mare. (Courtesy Fondazione Antonio Presti / Fiumara d’Arte)

L’idea è quella di ricucire il territorio con segni monumentali», racconta facendoci da guida tra i capolavori di Tano Festa, Mauro Staccioli, Italo Lanfredini e altri autori. Per aiutare l’automobilista a orientarsi tra enormi piramidi, labirinti, onde e finestre che sbucano d’improvviso nel paesaggio («Mi dicono che sculture come queste in giro per l’Italia e per l’Europa non ce ne sono», sottolinea, ed è vero), il Comune ha investito di recente in una segnaletica che incorpora poesia e design, ideata da lui naturalmente. Ed è da poco terminato anche il primo restauro dei monumenti, «un restauro conservativo-evolutivo pensato con gli occhi della contemporaneità». D’altra parte era il 1982 quando Presti realizzò la prima di queste opere. L’allora venticinquenne rampollo messinese s’era ritrovato d’improvviso a ereditare l’azienda del padre costruttore, fiorente e controversa, ma rinunciò da subito a occuparsene per dedicarsi all’arte. La prima opera, commissionata in memoria del padre, è una scultura di Pietro Consagra alta 18 metri a Castel di Tusa: un albero della vita, forma sdoppiata in bianco e nero, abbraccio tra bene e male, vita e morte, oggi sovrastato da un vertiginoso ponte-appalto di cemento. Era un regalo per la collettività, doveva essere accessibile a tutti: come anche tutte le sue opere successive, Presti la volle realizzare su terreno demaniale inutilizzato, in una vallata dei monti Nebrodi. E così partì la prima denuncia per abusivismo, risolta dopo anni di battaglie. Era l’inizio di una vita avventurosa e controcorrente per questo siciliano testardo, fedele solo all’ideale di una bellezza salvifica. Oggi tra le sue nuove visioni, oltre al progetto di Taormina, c’è la creazione di un santuario in un bosco di betulle bianche sul dorso di lava nera dell’Etna. Per realizzarle entrambe probabilmente venderà l’hotel di Tusa.

 

Pubblicato da Abitare il 4 Marzo 2017.

In copertina: L’opera “Labirinto d’Arianna” di Italo Lanfredini. (Courtesy Fondazione Antonio Presti / Fiumara d’Arte)

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