Abitare la notte

Il cammino nella natura prevede che anche la sosta sia parte del percorso, prendersi il tempo e vivere per intero i cicli della giornata, del dì e della notte, osservare le stelle e le albe.

Storicamente i percorsi di sviluppo si sono dipanati in due contesti principali, quello urbano e quello della provincia. Da una parte la città come cuore delle attività e luogo in cui l’abitare diventa funzionale e confortevole; dall’altra i piccoli centri di provincia spesso luoghi marginali, spazi oggi impoveriti della loro precedente funzione sociale, in cui alle fatiche dello spostamento e dello scambio sociale corrisponde, tuttavia, un accesso diretto ed esclusivo alle risorse del territorio naturale. Il godere di uno spicchio di spiaggia, di un “posto al sole”, di boschi, fiumi o montagne – e cieli stellati – in un patrimonio paesaggistico che non sia oggetto di sfruttamento selvaggio sono privilegi che rendono accettabile, spesso, la rinuncia a forme di innovazione e di produzione culturale.

È come se cultura e natura fossero sempre state dicotomiche e alternative, come se le forme del pensiero e l’accesso agli spazi non antropizzati non potessero coesistere.

Eppure è dalla natura, dalla sua osservazione e dall’essere immersi e travolti che l’arte ha sempre tratto linfa vitale: si pensi a Gauguin e alla Polinesia, a Byron e al Golfo dei Poeti in Liguria, o ai lavori fotografici di Salgado.
La sfida è scoprire un nuovo modo di abitare la natura e il territorio, richiamando con il soggiorno notturno negli jazzi più i percorsi nomadici che l’alloggio stanziale.

Abitare la notte
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